A cura del dott. Stefano Perissinotto

Con il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, entrato in vigore in Italia il 14 febbraio del 2019,  di fatto il legislatore ha riscritto una parte importante di quell’area del diritto che regola la disciplina della società a responsabilità limitata.

Infatti l’art. 378 del Decreto Legislativo del 12 gennaio 2019  ha modificato l’art. 2476 del C.C  – Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci – aggiungendo un nuovo comma, il sesto, che dice espressamente: “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”.

In sintesi il significato di questa nuova norma è che gli amministratori di società a responsabilità limitata rispondono dei debiti della società con il proprio patrimonio personale nei confronti dei creditori sociali.

Questa modifica sostanziale alla previgente disciplina delle srl provocherà delle pesanti ripercussioni sull’opportunità o meno di costituire una società di questo tipo con un amministratore o degli amministratori che, come avviene di frequente, sono anche soci della medesima società.

Nel nostro Paese la gran parte delle piccole e medie aziende sono riconducibili proprio a questo schema societario, dato la loro maggior flessibilità e un costo complessivo inferiore rispetto alla società per azioni. La società a responsabilità limitata è lo schema societario più diffuso per il motivo che, fino ad oggi, garantiva allo stesso tempo una gestione flessibile (c.d. governance) e una responsabilità limitata al patrimonio della società stessa, lasciando al riparo i patrimoni personali dei soci e amministratori (c.d. autonomia patrimoniale perfetta).

Dall’entrata in vigore nel nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”, purtroppo, non è più così.

Quale potrebbe essere una valida soluzione per poter evitare che i soci/amministratori di srl vedano coinvolto anche il loro patrimonio personale, per fare fronte ai debiti della loro società?

L’istituto giuridico del trust è la soluzione perfetta.

Quando un imprenditore, socio o amministratore di società a responsabilità limitata, decide di disporre di tutto o parte del suo patrimonio personale a favore di un trust, egli mette completamente al riparo i suoi beni da ogni  eventuale aggressione dei creditori della società che possiede o amministra.

Uno degli effetti principali dell’apporto dei propri beni in un  trust è proprio quello di separare tale patrimonio da quello del disponente, a patto che nell’atto istitutivo del trust sia esplicita la volontà del disponente di spossessarsi definitivamente dei suoi beni a favore del Trustee, il quale li amministrerà fiduciariamente in attesa di assegnarli poi in futuro ai beneficiari designati dallo stesso atto di trust e, quindi in definitiva, dal disponente medesimo.