A cura del Dott. Stefano Perissinotto

L’art. 11 del D.Lgs.74/2000, meglio conosciuto come legge sui reati tributari, prevede delle sanzioni molto gravi per chiunque compia atti dispositivi sui propri o altrui beni allo scopo di sottrarli fraudolentemente al pagamento delle imposte. Il soggetto che dovesse incorrere in questo tipo di delitto, se supera le soglie di punibilità, rischia la reclusione da 1 a 6 anni.

Per quale motivo questa norma deve essere sempre tenuta in considerazione nel momento in cui un soggetto decide di trasferire i sui beni sotto il controllo di un trustee? Perché l’atto di disposizione in trust da parte del settlor rappresenta indubbiamente un’azione che sottrae il suo patrimonio dalla possibilità di aggressione da parte di tutti i creditori, compreso il Fisco.

La fattispecie descritta all’art. 11 è un reato cosiddetto di pericolo, il cui oggetto giuridico è rappresentato dalla garanzia generica data dai beni del debitore. Un soggetto incorre in questo reato anche se, con la sua condotta, rende semplicemente inefficace (anche solo parzialmente) la procedura di riscossione e non è necessario che effettivamente si verifichi tale evento.

Ma quando e in che modo un atto dispositivo dei beni in trust potrebbe configurare la fattispecie delittuosa appena descritta?

In primo luogo bisogna accertarsi che nella fase temporale in cui il disponente decide (qui rileva proprio l’intenzione) di trasferire i suoi beni ad un trustee non vi siano a suo carico delle pendenze dovute ad un contenzioso tributario in corso (es. cartelle esattoriali). Inoltre occorre capire se lo scopo del trust non sia in effetti solo quello di sottrarre la garanzia patrimoniale al fisco, perché in questo caso, oltre al delitto de quo, si incorre anche nella sanzione di nullità dell’atto dispositivo per l’evidente simulazione della volontà del disponente (un trust simulato è un trust sham ossia fittizio).

La Guardia di Finanza ha elaborato una circolare (Circ. G.d.F. 01/2018 – Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali) in cui elenca in modo sistematico una serie di indici  rivelatori della condotta fraudolenta e della natura patologica di alcuni trust. In estrema sintesi i fatti che potrebbero indurre al sospetto di frode nell’operazione di costituzione di un trust sono i seguenti:

  • costituzione e trasferimento dei beni in data prossima all’attività criminosa;
  • esistenza di contratti tra il trustee e il disponente;
  • la comunanza di interessi economici tra il trustee e il disponente;
  • l’ingiustificata revocabilità del trust o del trustee da parte del disponente;
  • la presenza di lettere di intenti o altri documenti che limitino l’autodeterminazione del trustee e la rendicontazione puntuale delle attività di gestione del fondo in trust;
  • esistenza di un rapporto di parentela o di particolare vicinanza tra le parti (disponente e trustee);
  • istituzione di un trust autodichiarato.

Alla luce di quanto finora esposto è importante e doveroso sottolineare che, anche in base alla giurisprudenza di merito e di legittimità, sarebbe sbagliato considerare in modo generico e superficiale come fraudolenti tutti i trust costituiti sotto le circostanze appena elencate. A tale proposito voglio richiamare una recente sentenza della Cassazione penale:

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

“Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.”

In conclusione per incorrere nel reato di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 è necessario che il disponente abbia agito con dolo specifico, che viene rappresentato dal fine di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario e, sotto il profilo materiale, egli abbia posto in essere una condotta fraudolenta atta a vanificare l’esito dell’esecuzione tributaria coattiva.