A cura di Pietro Magrin.

E’ stata di recente presentata l’edizione 2018 della “ Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani “ promosso dal Centro Einaudi in collaborazione con Banca Intesa, una importante ricerca basata sulle decisioni finanziarie di un campione di famiglie titolari di un conto correte bancario o postale.

Molto interessanti sono le evidenze che emergono dall’analisi delle risposte, che vediamo di riassumere per punti salienti.

Il Bilancio delle famiglie è in lenta crescita ma in maniera più diffusa rispetto alla rilevazione precedente. Infatti, il 64% circa del campione afferma di avere a disposizione un reddito sufficiente o più che sufficiente per il proprio tenore di vita in aumento rispetto ai minimi della crisi toccati nel 2016 quando solo il 47 % affermava ciò.

Crescono i risparmiatori dal 43,4% del 2017 a oltre il 47% e cala quindi dal massimo storico del 61,3% al 52,7% la percentuale delle famiglie che dichiarano di non riuscire a risparmiare. La propensione al risparmio, cioè la percentuale di reddito risparmiata, sale al 12 % che rappresenta il livello più alto dal 2001.

Cresce la fiducia nel riuscire a mantenere il tenore di vita durante il periodo della pensione. La percentuale degli ottimisti si attesta al 31,2% in netto aumento rispetto al minimo del 6,7% toccato nel 2016 al momento più buio della crisi. Purtroppo però solo il 21,7% delle persone con meno di 35 anni dichiarano di aver sottoscritto una forma di integrazione pensionistica con uno strumento del secondo o terzo pilastro. Appare evidente una sottovalutazione dei rischi collegati alla vecchiaia tendendo ad affidarsi al “ far da se “ senza una programmazione adeguata.

La principale ragione del risparmio rimane sempre stabile nelle rilevazioni e riguarda la necessità di far fronte agli imprevisti. I motivi precauzionali riguardano il 43% degli intervistati, seguono il futuro dei figli con il 21,1%, la vecchiaia 19,7% e la casa con il 14%. Da notare che prima della crisi la casa era al secondo posto con il 26 %.

L’avversione al rischio è sempre assoluta allorquando si parla di investimenti. La sicurezza rimane, di gran lunga, il principale obiettivo, ed è citata al primo posto come obiettivo da circa 3 intervistati su cinque; seguono il rendimento di breve periodo con il 13,6 %, la liquidità 11,7 % e, per ultimo, il rendimento nel lungo periodo 6,7%.

Passando alle forme di risparmio, troviamo la prima storica sorpresa dato che l’innamoramento verso le obbligazioni sembra terminato visti anche i bassi tassi di interesse oggi presenti sul mercato e le forti oscillazioni dei titoli un tempo ritenuti sicuri. I dati ci dicono che la percentuale di coloro che detengono in portafoglio obbligazioni passa dal 29% del 2007 al 19 % di oggi. Tali titoli oggi rappresentano solo il 24% dell’attivo finanziario contro il 36% solo del 2015.

Dalle obbligazioni gli investitori, complice la bassa inflazione, si sono diretti verso la detenzione di liquidità e il risparmio gestito di cui si è dichiarato sottoscrittore negli ultimi 5 anni il 21,4 % del campione, sottoscrivendo fondi comuni per il 10,9%, e per il 7,3% infine polizze unit linked per il 2,8%.

L’indagine conferma ancora, se ce ne fosse stato il bisogno, che una corretta pianificazione finanziaria basata sulle reali esigenze delle famiglie sia sempre più necessaria e risolutiva nella gestione del proprio patrimonio.

Mercati finanziari imprevedibili, errate valutazioni circa la corretta allocazione delle proprie risorse, strumenti finanziari complessi e intermediari opachi, richiedono un “mediatore“ competente e affidabile che sappia guidare i risparmiatori in un contesto così sfidante e sappia intrattenere con essi una relazione chiara e duratura per progettare assieme un piano finanziario coerente con gli obiettivi che si vengono via via ad individuare nel breve e nel lungo periodo.